whatsapp

NEWSCosa si dice

GEN

01

2021

SCOPRI IL MUSEO BAROFFIO

COSA CUSTODISCE IL MUSEO?


Come nasce il museo?

Collocato in prossimità del Santuario, nel Borgo di Santa Maria del Monte, quest’affascinante spazio culturale articolato su tre piani, è stato progettato dall’eclettico artista Lodovico Pogliaghi e inaugurato nel 1936 dal Cardinal Idelfonso Schuster al fine di dare un’elegante sistemazione e rendere fruibile al pubblico il patrimonio artistico presente al Sacro Monte.
La visita al Museo consente di scoprire tre affascinanti collezioni, che includono le antiche opere del Santuario,le donazioni del Barone Giuseppe Baroffio dall’Aglio, la collezione di Mons. Pasquale Macchi, segretario di Papa Paolo VI.
Passeggiando fra sale ampie e luminose, potrete apprezzare sculture, miniature, dipinti, ceramiche, monete, manufatti liturgici e una spettacolare terrazza con vista sulla regione dei laghi e sui monti del Parco Regionale del Campo dei fiori.    

 

Il Barone e la Madonna

INGRESSO / L’ingresso del Museo è impreziosito da tre colonne in marmo che riportano alla base dei capitelli il simbolo vegetale identificativo del benefattore Barone Giuseppe Baroffio Dall’Aglio (Brescia 1859 – Azzate 1929).
Il Barone acquisì nel 1898 il titolo nobiliare più per vocazione che per nascita, fu il primo podestà della provincia, sindaco di Lissago e presidente della congregazione di carità di Azzate. Collezionista sensibile ed intelligente lasciò tutto il patrimonio al Santuario di Santa Maria del Monte, affinché si edificasse uno spazio decoroso dove conservare e rendere fruibile al pubblico la sua ricca quadreria.

Oggi al centro della prima sala il visitatore è accolto dalla Madonna con il Bambino di Domenico e Lanfranco da Ligurno, una delle più importanti sculture romaniche varesine che faceva parte dell’antico portale del Santuario. Completano la sala una bella deposizione di Robert Campin seguace di Roger Van der Weyden, oltre a dipinti e ritratti di autori italiani risalenti al  XV e XVI secolo.

Un antifonario

PIANO INGRESSO - SALA II / Nella sala cattura l’attenzione il grande l’antifonario ambrosiano del 1476 di Cristoforo De Predis con oltre quaranta capilettera miniati contenente le antifone che hanno animato le liturgie medievali. E’ curioso pensare alla passione con cui l’artista, sordomuto, abbia realizzato in miniatura con passione scene sacre come la Natività o l’Adorazione dei Magi, o figure di Santi come Sant’Ambrogio, San Giovanni, Sant’Agostino. Completano l’allestimento numerose tele a olio di pittori italiani e fiamminghi dal XV al XVIII secolo.


Un dono di matrimonio e un alligatore imbalsamato

PRIMO PIANO / Il primo piano consta di tre allestimenti: una collezione di vivaci maioliche e porcellane dal XVI al XVIII secolo di manifattura lombarda (Milano, Lodi, Pavia) e stipi in ebano e avorio con decorazioni allegoriche e religiose del XVII-XVIII secolo.

Nella sala a ovest sono esposti due paliotti quattrocenteschi in seta ricamata: lo Sforzesco donato al Santuario in occasione del matrimonio fra Ludovico il Moro e Beatrice D’Este e il Leonardesco proveniente dalla nobile famiglia milanese Panigarola, completano la sala due disegni preparatori dell’artista Carlo Francesco Nuvolone raffiguranti La Fuga in Egitto e l’Angelo.

La sala a est ospita un curioso ex voto rappresentato da un alligatore imbalsamato, che nel ‘700 secondo la leggenda infestava le acque del Lago Ceresio e grazie alla protezione della Madonna del Sacro Monte fu catturato da un coraggioso giovane di Breno e donato al Santuario.  Il coccodrillo impagliato era spesso appeso in passato ai soffitti delle chiese, e oltre a rappresentare come nel caso del mostro di Breno un segno di devozione, rimanda all’iconografia cristiana del demonio e del male riportata per esempio nella Genesi e nell’Apocalisse (Gen 3,15 Ap 12,1-6).


Dal Santuario

PIANO INTERRATO / Il Leone di San Marco d’epoca romanica è attribuito allo scultore Domenico e Lanfranco Da Ligurno (come la Madonna con bambino all’ingresso); vedete inoltre i dossali del coro e all’antico pulpito del Santuario, intagliati in legno di noce, rispettivamente del XVI e XVII secolo.
Fra le varie sculture richiama l’attenzione una Madonna del latte, patrona delle puerpere, realizzata in marmo bianco; quest’iconografia intima e materna di Maria, particolarmente diffusa nel ‘300 e ‘400, fu rappresentata fino alle censure sancite dal Concilio di Trento.

Federigo Borromeo al Sacro Monte

PIANO INTERRATO - SALA IV / Questa sezione include una ricca quadreria di pittori fiamminghi e francesi fra cui spiccano le battaglie di Jacques Courtois detto il Borgognone e la Zingara con il tamburello assegnata a un seguace di Michael Sweerts.
All’ingresso, il pellegrinaggio del cardinale Federigo Borromeo al Sacro Monte di Varese, opera di un pittore lombardo del XVII secolo: sono visibili le cappelle e due archi del viale del Rosario.

"Rendere comprensibile il mondo invisibile"

PIANO INTERRATO - SALA V / Da lungo tempo la Chiesa ha fatto alleanza con voi. Voi avete edificato e decorato i suoi templi, celebrato i suoi dogmi, arricchito la sua liturgia. L’avete aiutata a tradurre il suo messaggio divino nel linguaggio delle forme e delle figure, a rendere comprensibile il mondo invisibile” con queste parole papa Paolo VI si rivolge agli artisti l’8 dicembre 1965, in chiusura del concilio Vaticano II.

Con questo stesso spirito monsignor Pasquale Macchi (Varese 1923 – Milano 2008), segretario personale di Papa Paolo VI dal 1954 al 1978 e attivissimo arciprete a Santa Maria del Monte negli anni ’80, chiamò gli artisti al Sacro Monte di Varese, dando vita alla raccolta esposta presso il Museo Baroffio.
La raccolta sottolinea in modo particolare la devozione alla Madonna espressa dalle opere di Enrico Manfrini, Floriano Bodini, Renato Guttuso, Trento Longaretti e ad artisti di fama internazionale come Henri Matisse, Georges Rouault, Bernard Buffet.